Teatro

IMPRESSIONISTI. Capolavori della collezione Clark

IMPRESSIONISTI. Capolavori della collezione Clark

Sterling Clark era un esploratore, allevatore di cavalli ed intenditore d'arte; nel 1955, insieme alla moglie Francine (attrice della Comédie Francaise conosciuta da “americano a Parigi”, come nelle favole: l'avventuriero e la donna di spettacolo), ha fondato a Williamstown (Massachussets occidentale) il museo Sterling and Francine Clark Art Institute, che raccoglie dipinti europei ed americani, stampe e disegni, argenti e porcellane lasciati in eredità dai fondatori, ma soprattutto una raccolta cospicua di impressionisti, dove spiccano le oltre trenta opere di Renoir, il preferito dai coniugi per la sua serena piacevolezza. Negli Stati Uniti si sono in questo modo creati musei irripetibili, oltre il Clark Art Institute: la Frick Collection a New York e la Phillips Collection a Washington D.C.

Milano ospita la tappa italiana di una lunga turnè che la collezione fa in vari continenti, dalla Cina al Canada, approfittando dei lavori di ampliamento del museo affidati a Tadao Ando. Il percorso, curato da Stefano Zuffi, è suddiviso in 10 sezioni tematiche e temporalmente spazia da Corot a Bonnard, quando i pittori erano accomunati dal fatto di vivere e lavorare a Parigi in un periodo di straordinaria vivacità. Periodo che viene riassunto all'ingresso con la “spirale del tempo” che riporta, intrecciandoli, dipinti e date fondamentali della vita sociale e politica di Parigi, dalla Rivoluzione di luglio (1830) alle Olimpiadi (1900). La mostra ha un andamento didattico e piacevole; i quadri non sono mai stati esposti in Europa.

La prima sezione, “L'impressione. Un nome casuale?” parte dallo studio del fotografo Nadar e dalla mostra degli artisti indipendenti che egli volle: casualmente, da un quadro di Monet (“Impressione. Sole nascente”) rimasto senza titolo, derivò il nome del movimento. Molti i Renoir presenti (“L'ingenua”, “Peonie”, “Ritratto di Madame Monet”, “Fruttiera con mele”, “Marie-Thérèse Durand-Ruel che cuce”, “Tramonto”), insieme a Sisley “Effetto di neve” e “Cesta con mele e uva”, Pissarro “Strada per Versailles a Louvenciennes” e “Saint-Charles”, Monet “Campi di tulipani”, Morisot “Dalie”, Manet “Vaso di rose”. In particolare mi soffermerei sulle “Oche nel ruscello” di Monet con quei riflessi che si interrompono al propagarsi dei cerchi d'onda. La sezione si intreccia con la seconda, “La luce. Tra emozione e silenzio”: gli artisti si impongono di uscire dal chiuso delle Accademie per aprirsi alla natura, favoriti dagli sviluppi delle scienze e delle tecnologie, in particolare della fotografia.

La terza sezione, “La natura en plein air, finalmente!”, riporta la grande ma non facile conquista per i pittori di portarsi all'aperto cavalletto, tela e colori. L'impulso decisivo arriva da Corot e dalla scuola di Barbizon: non solo la natura è oggetto dell'attenzione dell'artista, ma anche il suo variare in base a luce, atmosfera, clima, tempo, registrando i riflessi di tali cambiamenti nell'animo umano. Pissarro “Effetto di pioggia” e “L'Oise presso Pontoise”, Monet “Primavera a Giverny”, Caillebotte “La Senna ad Argenteuil”, Fantin-Latour “Vaso e piatto con rose” sono nel percorso. Mi soffermerei su Renoir “Cipolle”, delle quali pare di sentire il profumo insieme all'aglio in primo piano, e Rousseau “Fattoria nelle Landes” per la luce e l'immersione nella natura.

La quarta sezione “La  città e la campagna. Stimoli contrastanti” ha da un lato Millet “Pastorella”, Corot “Strada vicino all'acqua” e Troyon “Guardiano d'oche”, dall'altro “Boldini “Attraversando la strada”, Pissarro “Il Louvre da Pont Neuf”, Monet “Strada a Saint-Adresse”, Sisley “Le rive della Senna presso By” e Renoir “Il ponte di Chatou”. La sezione si intreccia con “Il mare. Le coste, le acque, l'infinito”, in quanto il mare è indispensabile antidoto alla vita cittadina: Jongkind (“Fregate”) ripropone in termini aggiornati la tradizione olandese delle marine, spunto raccolto e sviluppato in primis da Monet, cresciuto in Normandia (“Scogliere a Etretat”); con loro Boudin “Barche che tornano al porto di Trouville”.

Dopo la ricostruzione di una stazione del Metro con video della Parigi d'epoca, ecco la sesta sezione, “Viaggi d'artista. Alla ricerca di nuove emozioni”. Gli impressionisti vivono e lavorano a Parigi ma considerano viaggiare un momento fondamentale della formazione personale e professionale: Corot (vedute di Roma e di un lago) e Renoir (vedute di Venezia e Napoli) scoprono l'Italia, Mary Cassatt la Spagna (Torero e giovane donna”), Sisley è un inglese che vive in Francia (“Il Tamigi ad Hampton Court”), ma qualcuno si spinge più lontano: “Contadine egiziane che attingono l'acqua” di Gérome e “L'algerina” di Renoir.

La sezione “Società. Immagini di un mondo che cambia” consente di verificare nei dipinti lo scorrere del tempo dal romanticismo al postimpressionismo, dalle certezze supportate dalla tecnologia all'indipendenza della donna. Una donna sola attende in un bar par Toulouse-Lautrec, la “Ragazza addormentata” di Renoir ha la spallina mollemente scesa sul braccio ma anche un gattino innocentemente in grembo; dall'interno “La lettera” (Renoir) all'esterno “Scarico di legname nel porto di Rouen” di Pissarro; con loro, piccolini: Manet “Interno ad Arcachon”, Stevens “Duchessa” e Boldini “Giovane donna che lavora all'uncinetto”.

A seguire “Il corpo. Tra natura ed arte”: gli impressionisti sono indifferenti solitamente ai soggetti. Non è così in Bouguereau (“Nudo seduto”) e Gérome (“Mercato di schiavi”) accademici, ma neppure per gli impressionisti Renoir (“Bagnante bionda” immerso in una luce viva, palpitante) e Morisot (“Il bagno” e l'immediatezza del corpo); particolarmente azzeccato il confronto fra Bouguereau e Renoir: difficile decidere per uno dei due. Con loro i malinconici “Ricordi e rimpianti” di Stevens, dove l'atmosfera di abbandono vela la carne che si intravede nel corsetto. Continuazione è “I volti. I lineamenti e le personalità”, che studiano solo pochi artisti, in parallelo allo sviluppo della fotografia. Sono esposti autoritratti e ritratti, volti noti e non: Corot “Louise Harduin”, la fanciulla cristiana di Gauguin che pare già una polinesiana, Toulouse-Lautrec “Carmen”, il giardiniere di Carolus-Duran, due autoritratti di Renoir (1875 e 1899) e i suoi “Père Fournaise”, Thérèse Berard” e donna con l'uncinetto (il primo acquisto dei coniugi Clark), per chiudere con un ritratto maschile di Degas.

L'ultima sezione, “I piaceri. Gioie grandi e piccole”, riguarda i piaceri dell'esistenza, da una sera a teatro (Renoir “Il palco a teatro”, immagine della mostra: era in origine un ritratto non ritirato) a un mazzo di fiori (Tissot “Crisantemi”), da un cane (Bonnard “Donna con cane”) a un ventaglio nuovo (Renoir “Ragazza con il ventaglio”), ma anche piaceri più “maturi” come una corsa all'ippodromo (Degas “Prima della corsa”) o la ricerca di una stampa antica (Daumier “Collezionisti di stampe”); con loro le immancabili ballerine di Degas che campeggiano nella copertina del catalogo e l'incantatore di serpenti dell'accademico Gérome. Alle pareti didascalie che introducono le singole sezioni e, ad intervallare i dipinti, le biografie di tutti gli artisti. Ogni didascalia riporta, oltre ad autore, titolo ed anno di esecuzione, anche l'anno di acquisto da parte dei Clark.

Il catalogo contiene saggi sull'attività di collezionista di Sterling Clark e la riproduzione di tutte le opere accompagnate da schede senza un ordine preciso, ma si può ricorrere all'esatto indice finale per trovare quel che si sta cercando.

Milano, Palazzo Reale, fino al 19 giugno 2011, aperta lunedì dalle 14,30 alle 19,30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9,30 alle 19,30, giovedì e sabato dalle 9,30 alle 22,30, ingresso euro 9,00, catalogo Skira, infoline 199500200, sito internet www.impressionistimilano.it